Ordinanza n. 891 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N.891

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 8, primo comma, 9, secondo comma, nn. 6 e 11, secondo comma, primo periodo, della legge 29 giugno 1977, n. 349 (<Norme transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione delle convenzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla riforma sanitaria>, promosso con ordinanza emessa il 29 settembre 1979 dal T.A.R. del Lazio sui ricorsi proposti dal Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani ed altri e l'I.N.A.M. ed altri, iscritta al n. 570 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 dell'anno 1980;

visti gli atti di costituzione dell'Associazione Nazionale Medici Condotti della Federazione italiana Medici Mutualistici, della Federazione Italiana dei Medici Pediatri, dell'I.N.A.M., delle Regioni Veneto, Toscana, Umbria e Lombardia nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - nel corso di un giudizio instaurato dal Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani ed altri, contro l'I.N.A.M. ed altri, per l'annullamento delle delibere con le quali i commissari liquidatori dei soppressi enti mutualistici di assistenza sanitaria hanno recepito l'Accordo Nazionale tipo per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri-ha, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1979, sollevato, in riferimento agli artt. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, comma primo, 9, comma secondo, n. 6, ed 11, comma secondo, primo periodo, della legge 29 giugno 1977 n. 349 (<Norme transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione di convenzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla riforma sanitaria>);

che, ad avviso del giudice a quo, l'art. 8, comma primo della legge 29 giugno 1977 n. 349, che prevede la stipula di un accordo nazionale tipo tra una delegazione pubblica (Ministri della sanità e del Lavoro e Regioni) e le <organizzazioni sindacali a carattere nazionale più rappresentative di ciascuna categoria> di sanitari libero-professionisti convenzionati con gli enti pubblici erogatori dell'assistenza sanitaria (medici generici, specialisti, medici ambulatoriali, titolari di farmacie, biologi, appartenenti alle categorie sanitarie ausiliarie) <per la disciplina normativa e del trattamento economico delle categorie medesime>, contrasta con il principio di libertà di associazione sindacale (artt. 39 e 18 Costituzione), garantita a tutti i lavoratori e non già solo a quelli subordinati, in quanto privilegia nella partecipazione alle trattative e alla stipulazione dell'accordo (efficace nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria) associazioni non riconosciute mediante registrazione, e scelte con criteri approssimativi dalla stessa Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che l'influenza delle singole organizzazioni sindacali non sarebbe proporzionale alla rappresentatività di esse;

che, altresì, secondo il T.A.R. Lazio, l'art. 9, comma secondo, n. 6 della legge 29 giugno 1977 n. 349, che rimette all'accordo nazionale tipo la determinazione del trattamento economico <a seconda della quantità e qualità del lavoro prestato>, mediante tariffe socio-sanitarie costituite da un compenso globale annuo per assistito integrabile per i pediatri e per essi soli, contrasta: a) con gli artt. 32 e 36 Cost., in quanto la fissazione di una retribuzione <capitaria> svincolata dall'intensità dell'attività professionale prestata, non sembra applicare il principio (peraltro enunciato nella stessa norma) della proporzionalità della retribuzione e non appare suscettibile di garantire una effettiva tutela della salute; b) con l'art. 3 Cost. in quanto, la precisazione, per i soli pediatri, di una integrazione della remunerazione capitaria, porrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra medici generici e pediatri;

che, infine, ad avviso dello stesso T.A.R., l'art. 11, secondo comma, prima parte della legge 29 giugno 1977 n. 349, che pone a carico degli Ordini e collegi professionali l'obbligo di dare esecuzione ai compiti che saranno ad essi demandati dalle convenzioni uniche, contrasta con l'art. 23 Costituzione, in quanto imporrebbe agli ordini professionali sanitari prestazioni di fare decise da altri soggetti con incidenza di carattere patrimoniale, senza rispettare il principio della riserva relativa, poiché la legge non detta i limiti da osservarsi nella stipulazione dell'accordo;

che si sono costituiti nel giudizio davanti a questa Corte il Commissario liquidatore dell'INAM, la Regione Lombardia, la Regione Veneto, la Federazione italiana medici mutualistici, l'Associazione nazionale medici convenzionati, la Federazione italiana medici pediatri (quest'ultima fuori termine), chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate;

che, si é costituita in giudizio la Regione Toscana, sostenendo, in primo luogo, l'irrilevanza delle questioni sollevate in quanto il giudice a quo non avrebbe giurisdizione sulle convenzioni mutualistiche che costituirebbero una particolare forma di contratto di diritto privato cui i singoli medici possono volontariamente aderire mediante richiesta di iscrizione negli appositi elenchi, e, in secondo luogo, l'infondatezza delle questioni sollevate;

che anche la Regione Veneto ha preliminarmente eccepito l'irrilevanza della questione relativa all'art. 8, primo comma, della legge n. 349 del 1977, richiedendo il giudizio a quo, non tanto l'accertamento della legittimità o meno della non partecipazione di tutte le rappresentanze sindacali alla formazione dell'accordo, quanto più semplicemente, un'indagine sull'appartenenza dei ricorrenti a quelle maggiormente rappresentative;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata la non fondatezza della questione;

che la Regione Umbria, costituitasi in giudizio con la difesa e la rappresentanza dell'Avvocatura Generale dello Stato, ha fatto proprie le deduzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, alle quali si é riportata, concludendo, in conformità, per la infondatezza delle questioni.

Considerato che l'eccezione di irrilevanza prospettata dalla Regione Toscana sotto il profilo del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sui rapporti nascenti dalle convenzioni mutualistiche deve essere disattesa, in quanto il giudizio a quo concerne le deliberazioni con le quali i Commissari liquidatori dei soppressi enti mutualistici hanno recepito l'Accordo Nazionale tipo per la disciplina dei rapporti convenzionali con i medici generici e pediatri, e non invece le convenzioni da stipularsi in relazione a tale accordo, onde la problematica dei rapporti che, con l'adesione volontaria, i singoli medici costituiscono con la struttura organizzativa pubblica (enti mutualistici, prima della riforma sanitaria; od unita sanitarie locali, oggi) é estranea al giudizio instaurato davanti al TAR Lazio;

che deve egualmente respingersi l'eccezione di irrilevanza formulata dalla Regione Veneto, non potendosi ritenere che l'eventuale caducazione della norma impugnata non influisca sulla definizione del giudizio a quo, e apparendo comunque, sul punto, l'ordinanza di rimessione sufficientemente motivata;

che, per quanto concerne l'asserita violazione degli artt. 18 e 39 Cost., va in questa sede ribadito quanto già affermato, in relazione ad analoghe impugnazioni, nelle ordinanze nn. 656 e 780 del 1988;

che, in particolare, va confermato che gli accordi nazionali per il <personale a rapporto convenzionale> (previsti transitoriamente dalle disposizioni impugnate, e, oggi disposte a regime dall'art. 48 della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale) con gli enti pubblici preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria, non sono in alcun modo riconducibili allo schema astrattamente previsto dall'art. 39, comma quarto Cost., né rivestono, in relazione allo loro semplice efficacia procedimentale, quel valore di fonte normativa direttamente operante cui invece fa riferimento l'invocato parametro costituzionale;

che, pertanto, del tutto inconferenti appaiono i dubbi di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma primo della legge 29 giugno 1979 n. 349, prospettati con riguardo ai poteri di autonomia collettiva delle associazioni sindacali registrate ed alla libertà di associazione sindacale;

che il sistema di remunerazione c.d. per quota capitaria dei sanitari convenzionati, rimesso all'Accordo nazionale tipo dall'art. 9, comma secondo, n. 6 della legge 29 giugno 1977 n. 349, realizza, in connessione alla determinazione del rapporto ottimale medico-assistibili e alla fissazione di massimale degli assistiti, il contemperamento dell'interesse del prestatore d'opera (ad un corrispettivo economico globalmente commisurato alle prestazioni immediatamente rese) con l'interesse dei cittadini all'uniformità e qualità del servizio sanitario, attraverso il quale viene attuato il loro diritto alla salute;

che il trattamento parzialmente differenziato dei medici pediatri, ipotizzato dall'art. 9, secondo comma, n. 6 della legge n. 349 del 1977, si giustifica razionalmente in relazione alla obiettiva diversità della morbilità infantile;

che l'art. 11, secondo comma, prima parte, della legge 29 giugno 1977 n. 349, stabilendo che gli ordini e collegi professionali sono tenuti a dare esecuzione ai <compiti> che saranno ad essi demandati dalle convenzioni uniche, lungi dal porre a carico degli ordini stessi prestazioni di fare decise da altri soggetti, si limita a prevedere che, attraverso le convenzioni uniche, siano specificati ed articolati <compiti> degli ordini, già rientranti tra le funzioni per legge loro attribuite;

che, pertanto, conclusivamente, tutte le questioni prospettate risultano manifestamente infondate;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme intregrative per i giudizi davanti al Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, primo comma, 9, comma secondo, n. 6 ed 11, comma secondo, primo periodo, della legge 29 giugno 1977 n. 349 (<Norme transitorie per il trasferimento alle regioni delle funzioni già esercitate dagli enti mutualistici e per la stipulazione di convenzioni uniche per il personale sanitario in relazione alla riforma sanitaria>) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 18, 23, 32, 36 e 39 Cost., dal Tribunale Amministrativo del Lazio, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 26/07/88.